MEMORANDUM PER LE ASSOCIAZIONI NO-PROFIT
Le Associazioni Sportive Dilettantistiche, le Associazioni Culturali e i circoli devono, fondamentalmente avere finalità e scopi sociali, con esclusione del fine di lucro, per rientrare nella categoria del No- Profit.
E’ della massima importanza che questa caratteristica sia evidenziata nello statuto (e, ancora prima, nell’atto costitutivo), per differenziare i circoli aziendali, sportivi, culturali e ricreativi in genere, dalle imprese che costituiscono figure giuridiche ben diverse e i cui requisiti essenziali sono: professionalità, attività lucrative, obiettiva economicità.
Prevalgono per le Associazioni/Circoli i criteri d’erogazione dei ricavi e dei capitali, contro i criteri di produzione delle imprese che tendono a conservare immutato il capitale impiegato.
L’associazione (circolo) può tuttavia operare economicamente, in forma diretta o indiretta, a favore dei propri associati.
Ma, in proposito, ha rilevanza, ai fini fiscali e tributari, che l’associazione eserciti attività commerciali, sistematicamente o occasionalmente, al solo intento di procurarsi i mezzi necessari al conseguimento dei propri fini istituzionali, che restano di natura sociale o comunque ideale.
La nozione di ente non commerciale, sotto il profilo fiscale, potrebbe così individuarsi:
che tra le attività primarie del circolo non siano previste attività commerciali;
che tra le attività commerciali eventualmente esercitate siano in funzione sussidiaria o meramente strumentale rispetto all’attività istituzionale;
che tali attività sussidiarie e strumentali non siano prevalenti rispetto all’attività istituzionale prevista dallo statuto.
Le norme fiscali non forniscono per contro definizioni precise delle attività commerciali.
Un’attività può essere considerata commerciale quando viene esercitata:
- in forma industriale diretta alla produzione di beni e consumi
- a livello intermedio nella circolazione dei beni
- nel campo dei trasporti, bancario e assicurativo
- infine, quando si tratta di attività ausiliarie delle precedenti.
Per classificare gli enti come non commerciali dovrebbe essere sufficiente riferirsi alle attività esercitate e al modo come vengono esercitate; e conseguentemente determinare o meno la tassabilità.
La riforma tributaria è stata in parte modificata, ma attraverso modalità che in sostanza non hanno definito la questione.
Detto in poche parole, il problema sussiste nella sua complessità.
Non basta inquadrare tra gli enti non commerciali (categoria alquanto vasta) associazioni e circoli sportivi, ricreativi, ecc. per stabilire se possono essere esonerati e/o esenti da specifici obblighi fiscali. Se è vero che l’adempimento fiscale è un dovere per tutti, quale che sia la destinazione dei redditi (non parliamo, si badi, di produzione dei redditi), la questione è delicata sia per la fissazione dei criteri agevolativi sia, soprattutto, per lo stabilimento delle norme di controllo, che potrebbero rivelarsi riduttive dell’autonomia operativa dei circoli.